Vincenzo Pallotti nasce a Roma il 21 aprile 1795. Ordinato sacerdote il 16 maggio 1818 inizia da subito a collaborare con ecclesiastici, religiosi e laici al fine di rendere consapevole il popolo della bellezza della propria fede e aiutare gli emarginati della società. Bambini, ragazze madri, poveri, bisognosi, tutti ricevono conforto, sostegno e preghiera dal giovane Vincenzo. Predicatore instancabile diventa un punto di riferimento per coloro che vogliono formarsi e riscoprire il senso della propria esistenza. Grazie al suo inarrestabile dinamismo nascono la celebrazione dell'Ottavario dell'Epifania, a testimonianza dell'unità e dell'universalità della Chiesa, e la Società dell’Apostolato Cattolico. Muore il 22 gennaio 1850 a Roma; un secolo dopo avviene la beatificazione ad opera di Papa Pio XII. Il 20 gennaio 1963 è proclamato santo da Papa Giovanni XXIII.
SPIRITUALITA' - L'attività apostolica di San Vincenzo nasce dalla sua personale esperienza di fede; il movente dell'agire divino è l'amore e l'uomo, creatura di Dio, trova piena realizzazione proprio nell'esercizio dell'amore verso Lui e i suoi fratelli. Modelli perfetti per l'apostolato di ogni fedele sono Gesù, che grazie all'amore realizzò la sua missione terrena, e Maria Regina degli Apostoli, esempio di vita spirituale, di carità e zelo apostolico.
UAC - L'Unione dell'Aposolato Cattolico raccoglie in tutto il mondo coloro che si ispirano agli ideali apostolici del Fondatore. Aperta a tutti i membri del Popolo di Dio, è comunione di fedeli che con la loro opera si attivano per ravvivare la fede e riaccendere la carità nella Chiesa e nel mondo. Centro spirituale dell'Unione è la Chiesa di S. Salvatore in Onda presso Roma.
La carismatica figura di Vincenzo Pallotti continua a distanza di secoli a rappresentare un modello, un esempio di santità e vita da emulare ed ammirare. Per raccontare la sua storia abbiamo deciso di avvalerci di un confronto con un tipico ragazzo dei giorni nostri: per meglio mettere in evidenza come la fede e la religiosità degli uomini siano cambiate nel corso degli anni e per scoprire se vi è ancora un barlume di speranza per un’umanità piegata da piccole immense croci quotidiane ci siamo improvvisati giornalisti… Ne è venuta fuori un’intervista che appare più o meno così:
Ciao! Per iniziare potresti raccontarci qualcosa della tua infanzia? Tipo rapporti con i genitori, coi tuoi fratelli, insomma un po’ della tua vita passata (se non siamo troppo indiscreti?) | |
Certamente. Sono nato in una famiglia molto numerosa, terzo di dieci figli. Diciamo che la mia non è stata un’infanzia difficile, la mia vita scorreva serenamente, sotto la guida dei miei fantastici genitori che mi hanno accudito con devozione e insegnato i valori della religione cristiana. Provavo per loro un indicibile affetto, e così era pure per i miei fratelli che ricambiavano (nonostante spesso finissimo per litigare e far pace come tutti i fratelli fanno). Certo non sono mancati i momenti di sconforto, ma la fede che cresceva di giorno in giorno mi ha aiutato a superare piccole e gradi difficoltà | Nulla di particolare. Sono figlio unico. Abitavo in un ricco quartiere residenziale (del resto i miei se lo potevano permettere) e tutto ciò di cui avevo bisogno mi è sempre stato dato. Ad eccezione dell’attenzione dei mie genitori, che lavoravano tutto il giorno e tornavano stanchi a sera fingendo di interessarsi della mia vita. Non che me ne importasse molto. Dicevano che non mi hanno mai fatto mancare nulla ma quando continuavo a chiedergli i soldi per comprare il motorino accampavano le classiche scuse del genitore saggio. Desideravo diventare adulto per poter essere indipendente, da loro e da tutti, una persona che traeva valori da TV e libri |
La religione ha in qualche modo influenzato la coscienza dei valori, che magari ti han fatto diventare ciò che sei? | |
Senza alcun dubbio. La religione assumeva sempre più un ruolo centrale all’interno della mia vita. Pensa che al mattino mi alzavo presto con mio padre che faceva il Pizzicagnolo e ogni giorno non mancavo di partecipare alla Santa Messa. Ascoltavo la Scrittura e da essa ricavavo esempi di vita che cercavo nel mio piccolo di mettere in pratica. Proprio la Scrittura è stata la mia guida sin da giovane e ho cercato di accrescere la mia conoscenza diventando ministrante, appoggiato dalla mia mamma che non ha smesso un attimo di sostenermi e credere in me e Dio. | Sono cristiano ma la mia concezione religiosa è particolare. Sono credente ma la chiesa per me è solo un edificio in cui sono stato costretto ad entrare a Pasqua e Natale da genitori un po’ bigotti. Al mattino trovavo sempre una scusa per trastullarmi a letto, arrivavo in ritardo a scuola, la mia vera maestra di vita. E non penso di mentire dicendo che è stata quell’istituzione più di ogni altra a farmi divenire ciò che sono. Credo in un Dio che ha bisogno più di opere che di preghiere e nel mio piccolo ho cercato di svolgere il mio compito, a modo mio, certo, ma l’ho sempre fatto. |
Ricordi quali erano le tue più grandi ambizioni a quel tempo? | |
Volevo che chi mi circondava fosse felice. Mettevo anima e corpo nel tentativo di riuscirci. Pensavo di essere il primo in grado di aiutare, nel mio piccolo, chi non riusciva a vedere coi miei occhi la meraviglia della vita. Cercavo tramite la meditazione il contatto con Dio, e contemplavo in silenzio la natura. Fu allora che decisi di diventare Sacerdote, per vivere con una nuova consapevolezza e responsabilità tra la gente, per poter condividere i loro affanni e portare sollievo alle difficoltà di ogni giorno. Animato da una forza interiore superiore riuscii nel mio intento | Tutto ciò che desideravo era laurearmi. Volevo seguire tappa dopo tappa quel percorso che è comunque già scritto: tutto finalizzato alla ricerca di un lavoro, per guadagnare qualcosa, mettere su famiglia, magari guardarsi intorno nella vecchiaia e pensare “Ho fatto quel che dovevo fare, ho lasciato la mia traccia nel mondo”. Ma la ricerca non mi ha mai dato soddisfazione, ho sempre affrontato passivamente la vita, spesso rassegnato e depresso ma comunque cosciente di far parte di un disegno più grande |
Hai parlato dei tuoi genitori, ma mi viene una curiosità… I tuoi amici, le persone che avevi accanto, come reagivano al tuo essere in qualche modo credente? | |
Anche i miei amici mi hanno sempre sostenuto: mi dicevano che riuscivo a confortarli con le mie parole e mi invitavano a parlare di religione. Erano entusiasti ed io li aiutavo come potevo trasmettendogli la mia conoscenza di Dio e del suo amore. Fu con la preghiera che riuscii a risolvere addirittura le mie carenze scolastiche, animato da una fede immensa e dalla sicurezza che Lui mi dava | Ricordo che raramente parlavo coi miei compagni di Dio. Loro non credevano, mi prendevano in giro quando parlavo di fede e di quel Cristo che continuamente bestemmiavano per sentirsi più grandi. Così smisi ben presto di farlo e col passare del tempo cominciai a dubitare, mi chiesi se ne valeva la pena, se non avessero ragione loro. Ci furono momenti in cui smisi di credere anch’io. A scuola avevo carenze, ma i miei reagivano come tutti i genitori dei miei amici: pagavano profumatamente un noto professore, e tutto si sistemò in un attimo |
Come reagivi di fronte alle catastrofi, alle calamità, o semplicemente ai problemi sociali del tuo tempo? | |
Non fui mai insensibile alle disgrazie della mia epoca. Era nel mio DNA occuparmi degli altri, soffrire con loro e confortarli. Rispettavo la natura e la sua forza e mi piegavo al volere di Dio. Ma ero insofferente di fronte ai più indifesi, specie alle ragazze sole che continuamente mi ritrovavo davanti agli occhi: decisi di affidarle alle suore Pallottine col compito di crescerle, educarle, indirizzarle sulla retta via. Erano queste le azioni che mi facevano sentire meno impotente di fronte alla vita | Di solito reagivo dispiacendomi delle disgrazie altrui ma il pensiero più ricorrente era il sollievo di non essere al loro posto. Quello degli sfortunati. O dei diversi. Ragazze madri, clandestini, uomini di colore; allora non mi sarei definito razzista. Pensavo fosse normale essere intransigenti con chi non la pensava o semplicemente non era come me. Strumentalizzato un po’ dalla società, ero anch’io in parte una vittima inconsapevole della cultura del mio tempo |
So che il desiderio di agire con gli altri, di non sentirti solo nelle tue idee e convinzioni ti ha spinto a creare un gruppo… | |
Si , all’età di 40 anni creai il gruppo UAC (Unione Apostolato Cattolico) perché volevo comunicare coi laici e aiutare la gente. Volevo parlare di Dio senza restrizioni e limiti. Fui lieto di notare la partecipazione di molti ma il percorso non fu agevole. Incontrammo la disapprovazione del papa che non condivideva le nostre idee moderne e riformatrici | Non avevo una nutrita vita sociale. Non facevo parte di un vero e proprio gruppo. Ma ero orgoglioso di poter dire che su Facebook ne avevo creato uno virtuale “Per coloro che pensano che il Natale sia solo la festa del consumismo” e avevo un gran bel numero di iscritti. Ci fu chi contestò e chi mi rimproverò, ma avevo avuto successo e non mi cambiò la vita più di tanto |
Natale... Come affrontavi questo periodo di riflessione? | |
Non mi bastava mai! Avrei voluto più tempo per soffermarmi sullo splendido evento che ha cambiato le nostre vite e proposi di prolungare di 8 giorni il Natale. Nacque così l’ Ottavario dell’Epifania che realizzò questo mio grande desiderio | Per me il Natale erano 14 giorni di stacco, di vacanza, di relax dalla scuola. Se mi si richiedeva in cambio un po’ di misticismo e tradizione per averli, pazienza. Intanto mi aprivo i miei bei regalucci e riflettevo su cosa chiedere il prossimo anno. Crescendo maturai sempre più e affrontai con consapevolezza una festa che era anche, ma non solo consumismo |
Puoi ritenerti soddisfatto di come hai trascorso la tua vita? | |
Avrei voluto fare di più per tanti, ma sono cosciente che il mondo si cambia a piccoli passi. Ho lasciato le suore, l’UAC, l’Ottavario dell’Epifania e tanta, tanta gente disposta a continuare e insegnare ad altri come vivere la fede. Si, penso di essere soddisfatto della mia vita, perché ho posto le basi, perché altri dopo di me continueranno il progetto che ho iniziato e saranno d’aiuto ad altre persone. E per e non c’è gioia più grande. | Non so. La mia vita non è mai stata piena, degna di essere vissuta. O per lo meno non l’ho mai ritenuta tale. Ci sono momenti in cui penso che ci sia altro oltre queste giornate, questo lavoro, questi impegni, questi doveri. Ho la sensazione che ci stia dietro un universo infinito che in rare circostanze riesco a percepire. É guardando l’alba di ogni nuovo giorno che penso che la vita non può essere solo sofferenza, solo questo… Allora il cuore mi si gonfia di una sensazione indefinita e mi dico che devo andare avanti, perché solo così riuscirò a scoprire cosa sia, attimo dopo attimo, vivendo. Magari un giorno potrò dire di essere soddisfatto della mia vita |
Io non conosco quel ragazzo. O forse si. Ma non importa. Vorrei sapere cosa è diventato oggi. Cosa penserebbe se leggesse questo confronto. Forse direbbe che è utopico sperare che i giovani di oggi siano come S. Vincenzo, umili, buoni, coraggiosi, attivi, animati da una fede che non si lascia scalfire da dubbi o tentazioni. Magari ha ragione, è utopia. Ma se ognuno di noi si sforzasse di emulare anche un briciolo della sua figura, anche uno solo dei suoi insegnamenti che a distanza di più di due secoli continuano a stupire giovani come noi, forse il domani sarebbe diverso. E, perché no, anche l’oggi che ora ci affascina, ora ci disgusta. Forse anche quel ragazzo si salverà scoprendo un giorno che le fede è un dono che cresce coltivandolo. Troverà il suo obiettivo, scoprirà di poter ricoprire un ruolo diverso da quello di uomo in carriera. E si accorgerà che Dio sogna un VOLO più alto, un volo che nessun altro, se non lui, può compiere…